Nella giornata di ieri, ho avuto il piacere di partecipare ad una convention organizzata da Tutela Legale S.p.A. L’incontro si è aperto con un intervento del Dott. Andrea Polizzi, il quale ha fornito un’analisi critica della riforma della giustizia recentemente approvata con la conversione in legge del Dl 132/2014. Allo scopo di diminuire il numero dei procedimenti civili pendenti e, conseguentemente, ridurre le spese di Giustizia, la nuova legge conferma la volontà del legislatore, sia di migliorare l’efficienza delle procedure esecutive che di favorire la definizione delle liti per vie stragiudiziali.
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, due sono le discipline degne di nota: l’arbitrato forense e la negoziazione assistita. Al primo strumento, l’arbitrato forense, sono affidate le speranze di smaltimento delle liti pendenti, sostanzialmente devolvendo la causa ad un arbitro. Purtroppo, risulta chiaro che tale procedimento prevede dei costi più elevati di quelli richiesti da un processo ordinario. Dunque, ci viene difficile pensare che tale mezzo possa essere la soluzione al problema dei troppi processi arretrati. L’auspicabile diminuzione dei tempi previsti per la definizione della causa pare quindi essere l’unico motivo che potrebbe spingere una persona ad optare per la definizione della controversia utilizzando un arbitro forense.
Il secondo strumento introdotto dal Dl 132/2014 è la negoziazione assistita. Questa risulta essere molto simile all’istituto della mediazione obbligatoria, differenziandosi da essa per i soggetti coinvolti: è previsto che ad assistere le parti siano i legali delle stesse nella negoziazione assistita, mentre la mediazione obbligatoria prevede l’intervento di un mediatore. Anche in questo caso, il giudizio espresso non è dei migliori: non risulta chiaro per quale motivo sia stato introdotto un nuovo strumento, molto simile ad uno attualmente esistente, che per altro non ha avuto ad oggi brillanti risultati, essendo efficacie solo quando sono le parti a ricorrervi di propria spontanea volontà. Il nostro parere è quello che, probabilmente, sarebbe stato meglio migliorare quanto già esisteva, piuttosto che creare qualcosa di nuovo ma non di innovativo.
Chiaramente, la riforma non si limita alle suddette novità, ma introduce anche cambiamenti di minore impatto. Tra i più interessanti, riportiamo sia le spese di lite, guidate dalla ratio che, in determinati casi stabiliti dal legislatore, il soggetto perdente paghi le spese anche della controparte, che l’aumento della percentuale degli interessi legali, parificati al ritardo nei pagamenti con un tasso di interesse che passa dall’1% all’8,15% (nel secondo semestre del 2014). Altre misure, invece, risultano essere poco rilevanti: tra queste ricade, ad esempio, la riduzione dei giorni di ferie dei magistrati da quarantacinque a trenta giorni.
Successivamente all’analisi del Dott. Polizzi, due egregi professionisti quali il Dott. Tomaso Epidendio ed Il Dott. Paolo Casella, hanno discusso su quelle che possono essere le conseguenze della riforma stessa per i privati cittadini. Come non è difficile immaginare, i commenti non sono stati del tutto positivi e la conclusione non risulta essere delle migliori. Infatti, nonostante la riforma avrà probabilmente successo nel ridurre il numero di cause a carico dello Stato, con una conseguente riduzione dei costi di Giustizia, questo avverrà a spese dei singoli. Ne consegue che, attraverso una sorta di privatizzazione della Giustizia, il rischio è quello che, anche chi ha ragione, ricorra sempre meno a far valere i propri diritti.
In uno scenario come quello appena presentato, al fine di non rinunciare ad un diritto fondamentale, risulta sempre più utile poter disporre di uno strumento quale la polizza di tutela legale. Un prodotto che, a differenza di quanto riscontrato nel resto d’Europa, è attualmente poco diffuso sul mercato italiano, forse anche per una scarsa conoscenza dello stesso da parte degli intermediari.